Il software costituisce, anche in ambito societario e associazionistico, elemento dell’innovazione cui, inizialmente, non veniva riconosciuta autonoma importanza poiché le imprese investivano principalmente sull’hardware egli elaboratori venivano già forniti con la componente software in formato sorgente.

Negli anni ’70 si comincia a capire che il software è uno strumento fondamentale nell’aumento della velocità di elaborazione, nascono aziende produttrici di software e si rende necessario, sul piano giuridico, un maggiore sforzo per garantire tutela.

In quanto bene immateriale, lo strumento di tutela del software ricade nell’ambito della proprietà intellettuale. Tuttavia, accanto a chi sosteneva che il software avesse una natura tecnica e che potesse essere considerato un’invenzione, vi era chi lo considerava come una particolare forma di scrittura.

Prevalse il secondo orientamento ciò principalmente perché si temeva che la protezione offerta dal brevetto fosse troppo forte e potesse in qualche modo ostacolare la competitività delle aziende.

Nell’ordinamento italiano, i programmi per elaborare sono tutelati dalla Legge d’Autore (L. n. 633/1941) come opere letterario, “in qualsiasi forma espressi, purché originali quale risultato della creazione intellettuale dell’autore”.

La legge richiamata disciplina che oggetto della tutela non è solo il programma e, dunque, il suo codice sorgente e codice oggetto, ma anche “il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso […] restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce”.

Pertanto, con il diritto d’autore viene tutelato il codice sorgente nel linguaggio in cui è scritto e nello stesso modo è tutelato anche il codice oggetto (ossia la traduzione del linguaggio del programma in bit) e il materiale preparatorio, ma non le idee ed i principi alla base del codice sorgente o oggetto di un programma.

Quanto alla possibilità di tutelare i programmi per elaborare mediante il sistema brevettuale, occorre preliminarmente ricordare che l’articolo 52, comma 2, della Convenzione sulla concessione di brevetti europei (CBE) annovera, tra ciò che non è considerato come invenzione, anche i programmi per elaboratori “in quanto tali”. Stesso concetto è riportato anche nella Legge Invenzioni (R.D. n. 1127/1939) all’articolo 12, lettera b., perché si ritiene che i programmi non possano essere dotati in sé di un carattere tecnico.

Ciò nonostante, sono tantissimi i brevetti concessi dall’Ufficio Europeo Brevetti (EPO) per invenzioni attuate per mezzo di programmi per elaboratore. L’orientamento giuridico dell’EPO è, infatti, cambiato nel tempo.

Si veda la decisione T 1173/97, in cui la commissione di ricorso ha affermato che, se un software presenta “effetti tecnici ulteriori o che vadano al di là della normale interazione software-hardware”, tale programma può essere brevettato.

La Commissione Europea aveva pubblicato una proposta di direttiva relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, proposta che fu bocciata dal Parlamento europeo nel 2005.

Avendo, però, la commissione di ricorso dell’EPO affermato che è fondamentale che tutte le invenzioni siano caratterizzate da un “carattere tecnico” e stabilendo l’articolo 27 del TRIPS la brevettabilità delle invenzioni in tutti i campi della tecnologia, è evidente che deve riconoscersi la brevettabilità anche di quelle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici che possiedano un carattere tecnico, ossia che appartengono a un settore della tecnologia.

Ai fini della brevettabilità è necessario, dunque,che l’invenzione attuata per mezzo degli elaboratori elettronici costituisca un contributo tecnico, ovvero un contributo allo stato dell’arte in un settore tecnico, giudicato non ovvio da una persona competente in materia.

Tuttavia, mentre il brevetto permette lo sfruttamento della creazione con riguardo al suo contenuto e, quindi, offre a chi lo detiene possibilità di impedire lo sviluppo indipendente di un programma dotato di funzionalità identiche o analoghe, il diritto d’autore, invece, protegge la forma dell’espressione creativa, a prescindere dal contenuto in essa racchiudo. Ne deriva che colui il quale ha creato un software potrà vietare la duplicazione del codice, ma non quella dell’idea o della funzionalità cui si riferisce quel codice.

Diritto di distribuzione e principio dell’esaurimento

Secondo il principio di esaurimento comunitario, una volta messo in commercio un bene nel territorio dell’Unione europea, il titolare di uno o più diritti di proprietà industriale su quel bene specifico perde le relative facoltà di privativa.

L’articolo 4 della Direttiva 2001/29, prevede che: “gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale delle loro opere o di loro copie, attraverso la vendita o in altro modo. Il diritto di distribuzione dell’originale o di copie dell’opera non si esaurisce nella Comunità, tranne nel caso in cui la prima vendita o il primo altro trasferimento di proprietà nella Comunità di detto oggetto sia effettuata dal titolare del diritto o con il suo consenso”.

Il principio di esaurimento ha efficacia esclusivamente nel caso in cui l’immissione del bene nel commercio sia effettuata direttamente dal titolare del diritto o, comunque, nel caso in cui essa avvenga con il suo consenso.

Tale principio trova applicazione anche in materia di software. Infatti, ai sensi dell’articoli 4, comma 2, della Direttiva 2009/24/CE del 23 aprile 2009, relativa alla “tutela giuridica dei programmi per elaboratore”: “La prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia all’interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l’ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso”.

Alla luce del principio della parità di trattamento, l’esaurimento del diritto di distribuzione previsto da tale disposizione deve considerarsi efficace indipendentemente dal fatto che la vendita riguardi una copia tangibile o intangibile del programma stesso.

Anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, a nulla rileva quale sia il modo di distribuzione del software, dovendo, invece, analizzarsi il contenuto del contratto nel suo complesso cercando di recuperare la reale volontà delle parti.

Qualora, quindi, il titolare dei diritti conceda una licenza senza limitazione di durata, l’acquirente ben potrà trasmettere a terzina sua copia, avvalendosi dell’esaurimento del diritto di distribuzione previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, della Direttiva 2009/24/CE.

Nonostante le evidenti problematiche per le aziende produttrici di software determinante dal principio in commento, mantenere il controllo dei propri software dopo la prima vendita è ancora possibile. La soluzione risiede nella formulazione del contratto: che si tratti di un contratto di licenza d’uso del software o che si tratti di un contratto disviluppo software, infatti, è importante regolare con attenzione la cessione dei diritti.

Il diritto di distribuzione della copia di un programma per elaboratore si esaurisce qualora il titolare del diritto d’autore conferisca il diritto di utilizzare la copia stessa, senza limitazioni di durata.

Sarà opportuno disciplinare dettagliatamente il contenuto dei diritti ceduti, limitando nel tempo il diritto d’uso, in modo da assimilare il relativo contratto di licenza non ad una vendita, ma ad una locazione.

Altra possibilità è il cloud-computing. Tale strumento consente alla software house di “distribuire” i propri software senza bisogno di cederne delle copie. I contratti di licenza diventano così degli abbonamenti, che permettono agli utenti di accedere ad un servizio online per un periodo limitato di tempo. In questo modo le software house mantengono un controllo assoluto sui propri software, evitando la cessione sia del codice sorgente che del codice oggetto.

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