In attuazione della Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese del settore agroalimentare, applicabile dal 15 dicembre 2021, che obbliga le aziende a modificare immediatamente i propri termini contrattuali di vendita e la propria operatività, è stato pubblicato il Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198.

Il decreto introduce norme finalizzate a contrastare ed impedire le pratiche commerciali sleali nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, definendo le pratiche commerciali vietate, razionalizzando e rafforzando il quadro giuridico vigente per tutelare i fornitori e gli operatori della filiera agricola ed alimentare rispetto alle suddette pratiche.

Le disposizioni previste dal decreto si applicano alle cessioni di prodotti agricoli ed alimentari da parte di soggetti che siano stabiliti nel territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti. Sono esclusi i contratti con i consumatori.

Novità introdotte dal decreto

Il decreto prevede, all’articolo 3, disposizioni in materia di contratti di cessione, includendo come elementi essenziali la forma scritta e la durata minima di un anno, salvo eccezioni quali bar, ristoranti e altri pubblici esercizi. Il contratto deve essere stipulato prima della consegna dei prodotti ceduti e deve includere clausole per definire durata, quantità e caratteristiche del prodotto venduto, nonché il prezzo e modalità di consegna e pagamento.

All’articolo 4 il nuovo decreto disciplina una serie di pratiche commerciali sleali vietate ed un elenco di pratiche che possono essere autorizzate solo se concordate da fornitore ed acquirente in termini chiari e univoci al momento della conclusione del contratto di cessione. Tra le pratiche sleali vietate figurano il pagamento in ritardo, l’annullamento di ordini di prodotti deperibili con breve preavviso, la modifica unilaterale delle condizioni di un contratto di cessione, l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita di segreti commerciali del fornitore e la minaccia di mettere in atto ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore. Quanto alle pratiche commerciali che possono essere ammesse dalle parti, vi rientrano, per esempio, la restituzione di prodotti invenduti senza corresponsione di pagamento, la richiesta di pagamento come condizione per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento in listino o per la messa in commercio dei prodotti, la richiesta del fornitore di farsi carico dei costi per il marketing e della pubblicità effettuata dall’acquirente.

L’articolo 5 del testo normativo individua alcune specifiche pratiche che possono essere poste in essere dal fornitore o dall’acquirente, come il divieto di imporre condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore, ivi compresa la vendita di prodotti agricoli ed alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione.

L’articolo 6 identifica, quale concreta attuazione dei principi di trasparenza, buona fede e correttezza nelle relazioni commerciali tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, gli accordi e i contratti di filiera che abbiano durata di almeno tre anni, prevedendo altresì che per la vendita dei prodotti agricoli ed alimentari oggetto dei contratti conformi alle buone pratiche commerciali possono essere utilizzati messaggi pubblicitari recanti la dicitura “prodotto conforme alle buone pratiche commerciali nella filiera agricola ed alimentare”.

L’articolo 7, ancora, precisa che la vendita sottocosto dei prodotti alimentari freschi e deperibili può essere posta in essere nel caso di prodotto invenduto a rischio di deperibilità, oppure in caso di operazioni commerciali programmate e concordate con il fornitore in forma scritta, ferma restando la disciplina generale di cui al D.Lgs. 114/1998 e di cui al D.P.R. n. 218/2001. È, in ogni caso, vietato imporre al fornitore condizioni contrattuali ulteriormente gravanti sullo stesso.

Infine, il Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è designato quale autorità nazionale do contrasto deputata all’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni previste, nonché all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative.

Aspetti pratici

Il decreto prevede la nullità delle clausole o pattuizioni contrarie agli articoli 3, 4, 5 e 7 del decreto legislativo. La nullità non inficerà, però, l’intero contratto.

Le imprese del settore potrebbero, dunque, essere chiamate ad affrontare, al fine di evitare le sanzioni, un adeguamento delle previsioni contrattuali tipo per sostituire le previsioni eventualmente in contrasto con la nuova normativa con clausole conformi, inserendo nelle pattuizioni le buone pratiche commerciali di cui all’articolo 6 del D.Lgs. 198/2021.

Sanzioni

Le sanzioni sono di carattere pecuniario e sono parametrate al fatturato delle imprese, salva la previsione di un minimo edittale. Possono arrivare ad ammontare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento nel caso di violazioni gravi degli articoli 3 e 4. Nel caso di violazioni reiterate, tali sanzioni potranno essere duplicate e triplicate, senza poter mai eccedere il 10% del fatturato dell’ultimo esercizio.

Le nuove norme si applicheranno a tutti i contratti di cessione di prodotti agricoli ed alimentari conclusi a decorrere dall’entrata in vigore del decreto (15 dicembre 2021), le imprese avranno un termine di soli 6 mesi, decorrenti da tale data, per conformare alla nuova normativa anche i contratti di cessione già conclusi ed in corso di esecuzione.

Sistema di controllo

L’attività di accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni amministrative sono demandate al Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, che ha il potere di avviare e condurre indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia, di effettuare ispezioni in loco e senza preavviso al fine di accertare le violazioni e anche di imporre all’autore della violazione di porre fine alla pratica commerciale vietata.

In aggiunta, qualunque soggetto stabilito nel territorio nazionale che ritenga di aver subito una pratica commerciale vietata ha la facoltà di presentare denuncia all’ICQRF, indipendentemente dal luogo di stabilimento del soggetto sospettato di aver posto in essere tale pratica e di richiedere, al fine di vedere protetta la propria identità, che l’ICQRF adotti le misure necessarie affinché vengano tutelate le informazioni dalla cui divulgazione possano derivare conseguenze commerciali lesive degli interessi del denunciante.

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